In un recente progetto di ricerca condotto da ingegneri
genetici e da biochimici il lievito è stato
ingegnerizzato per produrre cannabinoidi,
cioè le molecole con proprietà medicinali e talvolta psicoattivi, che si
trovano nella cannabis.
La prima fase, come leggiamo sulla rivista Nature, trasforma uno zucchero del lievito di birra, chiamato galattosio, in THC, il principale composto psicoattivo della cannabis. Il lievito alterato può anche produrre il cannabidiolo (CBD), molecola dagli effetti anti ansia e antidolorifici. La speranza è che questo processo di fermentazione permetta ai produttori di produrre CBD e cannabinoidi rari che si trovano in piccole tracce in natura, in modo più economico e rapido rispetto alla coltivazione delle piante stesse.
Quando avremo il
lievito sul mercato?
C’è solo un piccolo problema: la tecnologia per la
produzione di cannabinoidi da lievito non è affatto pronta per il mercato. Alcuni
esperti prevedono che ci vorranno da uno a due anni prima che i cannabinoidi
sintetici siano abbastanza efficaci (in termini economici) da poter essere
venduti sia alle compagnie farmaceutiche che al consumatore finale.
“In totale, si sono
dovute effettuare 16 modifiche genetiche per trasformare il galattosio in forme
inattive di THC o CBD. Il riscaldamento
dei cannabinoidi li trasforma poi nelle loro forme attive. Si sono prodotti
circa 8 milligrammi per litro di THC e meno ancora di CBD. Queste rese
dovrebbero aumentare di almeno 100 volte per essere competitive con i
cannabinoidi estratti dalle piante”, dice Jason Poulos, amministratore
delegato di Librede, una società di
Carlsbad (California) che detiene il primo brevetto su un processo per la produzione
di cannabinoidi a partire dagli zuccheri nei lieviti.
Resa dei cannabinoidi
Circa la produttività, “altri scienziati hanno già aumentato la resa dei cannabinoidi di diversi ordini di grandezza”, dice Jeff Ubersax, amministratore delegato di un’altra società californiana. Il suo team è stato in grado di progettare un lievito per trasformare vari acidi grassi in cannabinoidi con processi che non si verificano in natura. Questo aspetto dei cannabinoidi di nuova creazione potrebbe aiutare a creare interesse tra le aziende farmaceutiche, poche delle quali hanno esplorato attivamente i farmaci a base di cannabis.
D’altronde c’è chi sostiene che la fermentazione a base di lievito potrebbe non essere il modo migliore per produrre cannabinoidi in grandi rese e in tempi record visto che La Trait Biosciences di Toronto, per esempio, sta cercando di modificare le loro piante in modo che ogni tessuto (non solo le ghiandole di resina, tricomi che normalmente producono i cannabinoidi), possa produrre nuovi composti derivati dalla cannabis. “Tutto ciò che si può fare nel lievito, lo si può fare nella pianta stessa con una resa e una purezza molto superiori”, dice il capo strategico Ronan Levy.
Ora tocca capire chi di questi avrà la meglio sul mercato.
LIEVITI E CANNABINOIDI
In un recente progetto di ricerca condotto da ingegneri genetici e da biochimici il lievito è stato ingegnerizzato per produrre cannabinoidi, cioè le molecole con proprietà medicinali e talvolta psicoattivi, che si trovano nella cannabis.
La prima fase, come leggiamo sulla rivista Nature, trasforma uno zucchero del lievito di birra, chiamato galattosio, in THC, il principale composto psicoattivo della cannabis. Il lievito alterato può anche produrre il cannabidiolo (CBD), molecola dagli effetti anti ansia e antidolorifici. La speranza è che questo processo di fermentazione permetta ai produttori di produrre CBD e cannabinoidi rari che si trovano in piccole tracce in natura, in modo più economico e rapido rispetto alla coltivazione delle piante stesse.
Quando avremo il lievito sul mercato?
C’è solo un piccolo problema: la tecnologia per la produzione di cannabinoidi da lievito non è affatto pronta per il mercato. Alcuni esperti prevedono che ci vorranno da uno a due anni prima che i cannabinoidi sintetici siano abbastanza efficaci (in termini economici) da poter essere venduti sia alle compagnie farmaceutiche che al consumatore finale.
“In totale, si sono dovute effettuare 16 modifiche genetiche per trasformare il galattosio in forme inattive di THC o CBD. Il riscaldamento dei cannabinoidi li trasforma poi nelle loro forme attive. Si sono prodotti circa 8 milligrammi per litro di THC e meno ancora di CBD. Queste rese dovrebbero aumentare di almeno 100 volte per essere competitive con i cannabinoidi estratti dalle piante”, dice Jason Poulos, amministratore delegato di Librede, una società di Carlsbad (California) che detiene il primo brevetto su un processo per la produzione di cannabinoidi a partire dagli zuccheri nei lieviti.
Resa dei cannabinoidi
Circa la produttività, “altri scienziati hanno già aumentato la resa dei cannabinoidi di diversi ordini di grandezza”, dice Jeff Ubersax, amministratore delegato di un’altra società californiana.
Il suo team è stato in grado di progettare un lievito per trasformare vari acidi grassi in cannabinoidi con processi che non si verificano in natura.
Questo aspetto dei cannabinoidi di nuova creazione potrebbe aiutare a creare interesse tra le aziende farmaceutiche, poche delle quali hanno esplorato attivamente i farmaci a base di cannabis.
D’altronde c’è chi sostiene che la fermentazione a base di lievito potrebbe non essere il modo migliore per produrre cannabinoidi in grandi rese e in tempi record visto che La Trait Biosciences di Toronto, per esempio, sta cercando di modificare le loro piante in modo che ogni tessuto (non solo le ghiandole di resina, tricomi che normalmente producono i cannabinoidi), possa produrre nuovi composti derivati dalla cannabis. “Tutto ciò che si può fare nel lievito, lo si può fare nella pianta stessa con una resa e una purezza molto superiori”, dice il capo strategico Ronan Levy.
Ora tocca capire chi di questi avrà la meglio sul mercato.